Ciao! Mi chiamo Vincenzo, ho 21 anni e voglio raccontarti come Gesù si è fatto conoscere nella mia vita!
Sono nato e cresciuto in una famiglia evangelica e i miei genitori sono stati un esempio di amore e fede in Dio. Mi hanno sempre portato in chiesa, dove ho imparato gli insegnamenti e le promesse della Bibbia. Più volte, nel nome di Gesù, sono stato guarito da problemi di salute gravi e non potevo negare che un Dio esistesse. Ma, purtroppo, con gli anni, il mio rapporto con Dio è diventato sempre più simile ad un teatro di guerra.
Convivo, da quando sono nato, con una malattia genetica molto rara, che non mi permette di avere un buon sistema immunitario. Tutti quelli che sapevano del mio problema mi hanno sempre circondato con immancabile affetto. Quando andavo in chiesa, gli adulti mi trattavano come un piccolo grande miracolo e anche a casa ero sempre coccolato. Ovunque mi trovassi, finivo sotto i riflettori. Silenziosamente, l’approvazione degli altri cominciava a diventare il mio rifugio, la mia sicurezza. Dipendevo dal giudizio altrui e nel mio cuore lasciavo a Dio un ruolo sempre più marginale.
Ad 8 anni, a causa di un mio brusco peggioramento, io e la mia famiglia ci siamo dovuti trasferire in un posto più salubre. In tutto ciò abbiamo chiesto la guida del Signore e i sacrifici hanno dato presto i loro frutti. Già nel primo mese la mia salute era nettamente migliorata e… finalmente potevo uscire! Per la prima volta in otto anni ho avuto la libertà di poter prendere la mia bici e scoprire nuovi posti e persone. Finalmente mi sentivo normale, mi sembrava di vivere la vita che avevo sempre immaginato!
Tuttavia, le mie aspettative si sono dovute scontrare presto con la realtà. Nella nuova scuola venivo visto quasi di troppo. Sono passato dall’essere il genio della classe all’essere il secchione e, fidati, non è proprio la stessa cosa. Venivo preso in giro per il mio accento, per il mio peso e perché ero evangelico. Ho provato a guadagnarmi il rispetto di chi non mi conosceva, ma mi sono visto sempre in minoranza.
Alla fine, da adolescente, ho deciso di preferire la loro compagnia piuttosto che l’emarginazione. Ho imparato a comportarmi come i miei compagni e a non studiare più. Ho aggiunto al mio vocabolario molti insulti e bestemmie, ho giocato ai miei primi videogiochi violenti e guardato i primi video pornografici. Cose che i miei coetanei — e forse anche tu — reputano tutt’ora normali. Ma sono scelte che creano una barriera tra te e Dio. Io ne ero più che cosciente, ma fingevo e ignoravo l’evidenza.
Per 3 anni la mia vita è stata questa: un continuo autoinganno, un susseguirsi di sbagli, di domande senza risposta, di canzoni deprimenti e di notti insonni. Avevo perso la genuinità, ero fuori luogo in ogni contesto e non mi sentivo realmente parte di nulla. Dall’esterno sembravo tranquillo, ma ogni giorno qualcosa dentro di me moriva.
Nel frattempo continuavo ad andare in chiesa e a frequentare la scuola domenicale. Ho fatto amicizia con i nuovi ragazzi della chiesa di Rimini, lasciandoli completamente ignari della mia situazione. Ogni estate e inverno andavano in campeggio in un centro evangelico ed anche io, per spirito di parte, ho cominciato ad andarci.
In quei giorni, lontano dalle distrazioni e dalle influenze negative, ho potuto riflettere sulla mia condizione a mente lucida. Mi sono reso conto di come l’assenza di senso nella mia vita fosse stata sempre proporzionale all’assenza di Dio nel mio cuore. Le persone dello staff, i coetanei che conoscevo, i pastori che predicavano: tutti si lasciavano guidare dallo Spirito Santo che, attraverso le loro parole e i loro comportamenti, stava risvegliando dentro di me qualcosa di particolare.
Ma se il nuovo cercava di nascere, il vecchio era duro a morire. Ho continuato il mio dualismo distruttivo per altri mesi, finché qualcosa mi ha cambiato. I miei genitori e mia sorella sono venuti a conoscenza del fatto che fumassi, delle mie amicizie tossiche, delle mie bugie. Ho assistito ad uno spettacolo molto più orribile della mia punizione: vedevo la delusione e la sofferenza di chi, per tutta una vita, aveva fatto sacrifici per amore del mio futuro. Capii in quella circostanza i reali sentimenti di Dio nei miei confronti.
A Marzo del 2016, ad un raduno giovanile regionale delle chiese ADI, feci la mia scelta. Dio mi parlò senza mezzi termini, con una predicazione basata su questo verso:
Così dice il Signore: «Come il pastore strappa dalle fauci del leone due zampe o un pezzo d’orecchio, così scamperanno i figli d’Israele che in Samaria stanno ora seduti sull’angolo di un divano o su un letto di damasco.» (Amos 3:12)
Per tutta la mia vita, Dio era stato sempre lì, costretto a guardarmi mentre mi lasciavo morire. Quando mi vidi dalla prospettiva di Dio, capii perché avevo bisogno di Gesù. Lui è quel pastore che non si ferma di fronte al leone e lotta per salvarmi a tutti i costi dalla morte. Gesù è stato disposto a pagare il prezzo della mia vita con la Sua, a lasciarsi divorare al posto mio.
Quella sera ho deciso di smettere di giocare con la vita, di non rendere vano il sacrificio di Gesù.
Ho aperto il mio cuore a Lui e, in una sola sera, Dio ha tirato fuori dal mio cuore tutto il male accumulato in 17 anni. Al suo posto ora c’è gioia di vivere, la consapevolezza di essere amato e la pace di chi è stato liberato.
A distanza di 4 anni da quell’esperienza, posso dirti che il Suo amore e la Sua intelligenza non smettono ancora di stupirmi. Nonostante i miei periodi di incostanza e le mie superficialità, Dio nei miei confronti non è cambiato e ogni giorno mi sta facendo crescere. Sta maturando in me un amore vero e mi sta rendendo partecipe del Suo piano meraviglioso!
Voglio lasciarti con questo verso che riassume la mia storia e spero che la mia esperienza possa arricchire la tua vita in Gesù!
“Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete veramente liberi.” (Giovanni 8:36)